I primi cenni storici che fanno riferimento alla Chiesa di Ossago Lodigiano risalgono all'anno 972, quando i monaci benedettini di San Pietro di Lodivecchio, durante i lavori di bonifica del territorio, sentirono il bisogno di erigere una cappella dove potersi riunire, all'inizio e alla fine della loro lunga giornata lavorativa, per la recita delle orazioni e per l'Adorazione Eucaristica.
E’ quasi certo che, a causa dell’aumento della popolazione, nella seconda metà dell’anno 1100, la cappella divenne una Chiesa vera e propria, assumendo la forma di croce latina. Le sue dimensioni erano di circa 20 metri di lunghezza, con una larghezza di poco più di 9 metri e un’altezza di 16 metri, notevole per quei tempi e che non è mai cambiata durante i numerosi restauri e ampliamenti succeduti per oltre dieci secoli.
Erano presenti inoltre due cappelle laterali, una a destra e una a sinistra dell’entrata principale e il battistero era collocato, secondo i canoni, a sinistra dell’entrata. C’era una seconda entrata laterale da cui si accedeva direttamente alla casa parrocchiale.
Il campanile era una struttura esterna appoggiata alla Chiesa e vi si accedeva dall’interno della stessa. Dietro all’altare, nell’abside era posto il coro.
Si suppone che all’esterno, a destra della Chiesa, ci fosse anche il cimitero; a testimonianza di ciò sono i numerosi resti di ossa umane trovate durante alcuni lavori e che sono conservati all’esterno, in due nicchie.
Da questo periodo in poi, non esiste una documentazione certa e affidabile; nell’archivio storico parrocchiale sono reperibili degli atti concernenti nuovi lavori di ampliamento risalenti, come datazione, al 28 maggio 1741.
Questi atti riferiscono di un’assemblea pubblica in cui veniva presa la decisione di ampliare lo spazio per il coro, rendendo la geometria della Chiesa più armonica e di alzare il campanile, perché il suono delle campane potesse giungere più chiaro alle vicine cascine e frazioni di Bruseda e Grazzano. Era inoltre necessario dotare la Chiesa di una nuova sacrestia che fosse più funzionale, di decorare la porta principale con un capitello e di riparare il pavimento di tutta la chiesa che era in uno stato di decadimento molto avanzato.
Tutti questi lavori furono eseguiti nella seconda metà del 1700; tra il 1755 e il 1778 furono poste, sul campanile appena rialzato, tre nuove campane. La quarta sarà collocata solamente cinquant’anni dopo.
In questo mezzo secolo di grande rinnovamento, fu ricavata una nuova nicchia all’interno della Chiesa in cui fu posta, nel 1747, la statua di Sant’Antonio da Padova e nel 1770 fu fatta la richiesta per la benedizione di una nuova “Via Crucis”.
Nel 1781, con approvazione vescovile dell’11 luglio, fu ampliato il coro e fu collocato un nuovo altare di marmo.
Sulla colonna alla sinistra dell’altare è ancora oggi ben visibile e ottimamente conservato un affresco, risalente all’anno 1791, raffigurante un diacono, probabilmente San Ciriaco.
Gli anni ‘800 sono segnati dall’arrivo, nel 1811, del Simulacro in pietra policroma della Beata Vergine Mater Amabilis, della statua lignea del Cristo morto e dell’altare, provenienti dalla Chiesa di Santa Maria in Brera, a Milano, quale dono dell’abate Cesaris, che elargì numerose opere a tante chiese del lodigiano.
La statua della Madonna fu collocata nella prima cappella a destra dell’altare, ora dedicata a Sant’Agostino e Santa Monica, sua madre.
Nel 1855, il Parroco, don Siro Ray, fece eseguire dal giovane pittore Tessera, nativo di Ossago Lodigiano, due grandi dipinti raffiguranti l’incontro con la donna al pozzo di Samaria e l’incontro del Cristo Risorto con la Maddalena. In questo dipinto si può notare un particolare abbastanza insolito, il Cristo, infatti, regge nella mano un badile, tipico degli agricoltori, forse per ricordare le origini storiche del nostro paese. Nel 1871, a seguito del Concilio Vaticano I, fu istituita dall’allora Parroco don Corneliani, la Pia Società di San Giuseppe e nell’anno successivo, in occasione della festa del Santo, fu acquistata la statua lignea che, dopo un sapiente restauro avvenuto quasi un secolo dopo voluto da don Gianni Bergamaschi, fu collocata all’interno della Chiesa, sopra la porta centrale d’ingresso.
Il percorso di restauro e di abbellimento della Chiesa fa sì che nel 1882 furono fatte dorare, con una spesa consistente, tutte le quattordici cornici della “Via Crucis” che, purtroppo, l’anno successivo furono rubate. Nel 1883 fu affidato, al pittore Ghizzoli Federico, il compito di decorare e rimettere a nuovo l’interno dell’edificio.
Il Vescovo di Lodi, Mons. Giovanni Battista Rota, nel 1903, durante una sua visita, costatò che la Chiesa, seppur molto bella e ben tenuta, era insufficiente ad accogliere tutti i fedeli; per questo motivo invitò il Parroco, don Lorenzo Negroni, ad allungare la struttura fino a occupare il campo limitrofo all’ossario. Per diversi motivi, anche di natura economica, il suggerimento però fu accolto diversi anni dopo, infatti, i lavori iniziarono solo nel 1914, sotto la guida del Parroco don Carlo Carini, e la Chiesa, assunse al suo interno lo stile lombardo.
Nel 1923, viste le cattive condizioni in cui versava il Simulacro della Mater Amabilis, il Parroco don Benzi, decise di affidarlo alle mani esperte di un accreditato restauratore milanese affinchè la statua riacquistasse l’aspetto originale. A opera avvenuta, la statua venne ricollocata nella cappella centrale del lato sinistro della Chiesa, ora dei Santi Patroni Gervaso e Protaso.
I fatti che accaddero nel 1923, due guarigioni miracolose attribuite alla Beata Vergine Mater Amabilis, fecero affluire ad Ossago una moltitudine di fedeli provenienti dai paesi limitrofi, tanto da rendere, ancora una volta insufficiente la capienza della Chiesa.
Nell’estate del 1923, in conseguenza a questi continui e sempre più numerosi pellegrinaggi, il Parroco, don Ferdinando Maria Benzi, incaricò l’architetto carmelitano fra Bernardo Arosio di elaborare uno studio per l'ampliamento della parrocchiale, progetto che fu presentato e approvato dalla Sovrintendenza alle Arti, che lo definì “un gioiello per la Lombardia”.
Il Vescovo approvò l’inizio dei lavori il 16 ottobre 1924, che cominciarono sotto la direzione dell’ing. Gerolamo Benzi, fratello del parroco, ma che furono sospesi, temporaneamente, l’anno successivo per mancanza di fondi. Il 27 giugno del 1926, il Vescovo di Lodi, Mons. Lodovico Antomelli, a conclusione di un ritiro diocesano, inviò un telegramma a Sua Santità Pio XI, in cui per la prima volta, la Chiesa di Ossago Lodigiano era chiamata col nome di Santuario, anche se negli archivi storici non è stato trovato nessun documento pontificio attestante l’elevazione della Chiesa a Santuario.
Lo stesso Vescovo, in una delle sue ultime visite a Ossago, poté vedere la Chiesa ampliata e rimessa a nuovo. Le dimensioni della Chiesa, dopo questi importanti lavori, assunsero l’aspetto attuale, mantenendo la stessa altezza originaria di 16 metri, ma con una lunghezza che raggiungeva i 35 e una larghezza, al braccio trasversale, di circa di 20.
A seguito di tutte queste trasformazioni, però, il Simulacro miracoloso della Madonna, restava collocato in una cappella secondaria, quella attualmente dedicata ai Santi patroni Gervaso e Protaso e tutto ciò non era gradito al Parroco, che avrebbe voluto un posto più degno e decoroso per la Sacra Statua che tanto aveva fatto per Ossago.
Fu elaborato allora un progetto che prevedeva il completamento dell’edificio con la demolizione dell’abside e la sistemazione del busto della Beata Vergine in posizione centrale, bene in vista, in modo da favorire la devozione dei parrocchiani e dei pellegrini.
Don Benzi pensò inoltre di portare a termine la facciata, che prevedeva, in origine l’erezione di due campanili e il trasporto delle campane sulla torre campanaria di destra, guardando la facciata.
Nel 1936, per celebrare i suoi venticinque anni di sacerdozio, il parroco fece rimuovere dall’abside il quadro dei Santi Patroni e lo fece collocare, provvisoriamente, in una cappella laterale, dove adesso c’è il Sacro Cuore. Al posto del quadro fu messo il Simulacro della Madonna e, in seguito, il quadro dei Santi Gervaso e Protaso fu collocato, definitivamente, in una cappella laterale, dove è visibile ancora oggi.
Fu trasferito l’altare al fondo dell’abside e sopra di esso fu collocato un baldacchino di legno massiccio, finemente decorato.
Tra il 1940 e il 1958 furono risistemate e abbellite le cappelle laterali di San Giuseppe, consistenti in due diorami raffiguranti la Sacra Famiglia e il Transito del Santo.
Nello stesso periodo furono sistemate anche le cappelle della Chiesa Pellegrina e della Chiesa purgante.
Tutte le cappelle laterali, fatta eccezione per le prime a destra e sinistra dell’ingresso, sono state restaurate sotto la guida ispirata di don Benzi e sono state arricchite con molte statue di Santi. Il tema che pervade queste cappelle è uno ed è dominante: la Chiesa.
Quelle centrali sono dedicate, come già accennato, ai Santi Patroni Gervaso e Protaso Martiri a sinistra e a San Isidoro a destra. In questa cappella sono collocate anche le statue di Sant’Antonio da Padova e di Sant’Antonio abate. Al centro della cappella, in un’urna di vetro, è conservata la scultura lignea del Cristo morto, proveniente da Santa Maria in Brera.
Infine, le cappelle più prossime all’altare, sono dedicate a Santa Monica morente confortata dal figlio Sant’Agostino a sinistra e a destra, è custodita la statua del Sacro Cuore di Gesù adorato da Santa Margherita Maria Alacoque. A lato c’è una piccola statua di Santa Francesca Cabrini, la Santa dei lodigiani.
Tra il 1947 e il 1950, dietro l’abside, furono costruiti due corridoi sovrapposti, quello al piano terra che conduce alla fonte della Mater Amabilis e che è decorato con centinaia di ex-voto, e quello del piano superiore che fu adibito a sacrestia e che accoglieva anche i confessionali.
Durante un pellegrinaggio parrocchiale, il 1 novembre 1954, fu portato a Roma un vessillo raffigurante la Mater Amabilis e San Giuseppe, che fu benedetto da Papa Pio XII e la Chiesa parrocchiale fu elevata anche a Santuario Giuseppino.
A causa della seconda guerra mondiale, i lavori per il completamento della facciata furono sospesi per quasi vent’anni e solamente nel 1959, quando era parroco don Luigi Mondelli, la facciata fu ultimata, con un solo campanile, sul quale nel 1962, fu installato l’orologio elettronico automatico. Nello stesso anno fu consacrato anche il nuovo concerto di campane.
Al centro della facciata, fu collocato un grandioso rosone, raffigurante la Madonna Assunta, opera del pittore lodigiano Gaetano Bonelli e sopra le cappelle laterali dedicate a San Giuseppe, furono posti due rosoni, di dimensioni più modeste, eseguiti dalla vetreria d’arte, “Tocchi di Colore” di Crema, rappresentanti il matrimonio di Maria a destra e la sua Incoronazione a regina del Cielo e della terra a sinistra.
In conseguenza delle importanti decisioni prese durante il Concilio Vaticano II, seguendo le indicazioni della riforma liturgica, nel 1970 fu smantellato il vecchio altare che venne sostituito con quello attuale, dono dell’Onorevole Giuseppe Arcaini di Ceppeda.
Negli anni che vanno dal 1984 al 1988, sotto la guida del Parroco don Gianni Bergamaschi, la Chiesa, al suo interno, è restaurata dai pittori G. Valerani e fratelli Ferrari di Maleo e nella facciata, sopra l’entrata, è collocata una lunetta, opera del professor Perotti, dedicata ai Santi Patroni.
Una menzione particolare meritano le due cappelle, a destra e a sinistra dell’ingresso, volute da don Bergamaschi ed eseguite dall’artista lodigiano Felice Vanelli, i due bassorilievi rappresentano rispettivamente la presentazione di Gesù al Tempio e la deposizione di Gesù.
Particolarmente gradito a don Gianni Bergamaschi, il pittore Vanelli ha arricchito la Chiesa, al suo interno e all’esterno con molte delle sue opere, si ricordano in particolare la “Via Crucis” e il quadro della Pentecoste alla sinistra dell’abside, eseguito per la celebrazione dell’anno Mariano del 1987-1988.
Tra la fine del 2004 e i primi mesi del 2005, su un progetto voluto da don Francesco Bertolotti e terminato dal Parroco appena nominato, don Pierluigi Bolzoni, furono avviati i lavori per la nuova pavimentazione del presbiterio e delle zone ai lati dell’altare che vennero ultimati nell’aprile del 2005, ad eccezione della nuova posizione dell’ambone che avverrà solamente alla fine del 2009, dopo la tanto sofferta approvazione da parte della direzione dei beni artistici delle Chiese.
All’inizio del 2008 fu sistemato l’impianto di riscaldamento e, in occasione della festività del Santo Natale, nello stesso anno, la Croce posta in cima al campanile venne dotata d’illuminazione, così che i fedeli potessero sempre orientare lo sguardo, anche di notte, a Colui che sulla Croce si è sacrificato, una volta sola, per tutti.
La sacrestia, voluta da don Benzi, col passare degli anni perse il suo ruolo principale e divenne un ripostiglio di oggetti e paramenti sacri in disuso. Nel 2014, il nuovo Parroco, don Alessandro Lanzani, dopo una radicale opera di recupero e restauro dei locali e degli oggetti, installò l’impianto di riscaldamento e d’illuminazione, fece sistemare i muri e la restituì alla sua primaria funzione.
Venne inaugurata la notte di Natale dopo la celebrazione della Santa Messa solenne.
In questa lunga carrellata storica di quasi dieci secoli abbiamo visto lo sviluppo e la trasformazione della nostra Chiesa parrocchiale. Ma dietro ogni mattone o pittura o statua ci sono volti, menti e soprattutto cuori: quelli della gente di Ossago, una comunità raccolta intorno al suo bene più prezioso la Chiesa, la Casa di Dio in mezzo alle nostre case. E con essa non possiamo dimenticare l’anima di tutto questo apostolato: i Parroci. Lo zelo, l’amore e l’intelligenza di questi uomini di Dio hanno fatto del nostro Santuario un’opera mirabile.
La veridicità delle notizie, ricavate dai registri dei battesimi e dall’archivio diocesano, ha consentito di poter stilare un elenco che parte dal 1600 fino ai giorni nostri.
Anno
1600-1636
1636-1646
1646-1663
1663-1679
1679-1719
1719-1739
1739-1752
1752-1776
1777-1803
1804-1835
1836-1837
1838-1845
1845-1868
1869-1886
1886-1907
1907-1920
1920-1958
1958-1963
1963-1976
1976-1991
1991-2004
2004-2013
2013
Parroco
don Francesco Compiani
don Giacomo Bianchi
don Bartolomeo Turati
don Gerolamo Soncini
don Giovanni Domenico Permenuti
don Francesco Dossena
don Angelo Maria Peroni
don Francesco Aix
don Giuseppe Angelo Bezza
don Giovanni Maria Bersani
don Lodovico Venturini
don Paolo Bersani
don Siro Ray
don Ferdinando Corneliani
don Lorenzo Negroni
don Carlo Carini
don Ferdinando Maria Benzi
don Luigi Mondelli
don Edoardo Lazzari
don Gianni Bergamaschi
don Francesco Bertolotti
don Luigi Pietro Bolzoni
don Alessandro Lanzani
Coadiutore
don Bartolomeo Grioni
don Carlo Dossena
don Giovanni Bossi
don Carlo Antonio Lorani
don Giuseppe Cordi
don Filippo Griffini
don Giuseppe Gatti
don Carlo Astori
don Franco Vigorelli
don Carlo Mediglia
don Costantino Monico
don Domenico Ciuffardi
don Siro Bondioli
don Bartolomeo Ray
don Giovanni Savarè
don Giuseppe Granata
don Giovanni Corbellini
don Malosio Cigala
don Giovanni Poli
don Cesare Mazza
don Ottorino Ghidoni
(1)
don Giuseppe Carena
(2)
don Mario Tavazzi
Don Antonio Boffelli
(1) Durante il rettorato di Don Benzi sono stati coadiutori o vicari: don G. Antonelli, don L. Montanari, don G.Resegotti, don E. Rizzardi, don L. Pettinari e don G. Sverzellati
(2) Durante il rettorato di don Lazzari sono stati coadiutori o vicari: don L. Gatti, don A. Mascherpa, don L. Bardella, don C. Monfredini e don E. Picco