LA MATER AMABILIS

La Chiesa di Ossago Lodigiano, pur essendo molto antica e artisticamente ricca, non è sicuramente rinomata per le sue opere d’arte né per la sua vetustà, ma perché è un Santuario dove si venera la Beata Vergine  Mater Amabilis, come canta l’antico inno: “Ma quel popol che d’esser si vanta la tua sede di grazie, o Maria, con orgoglio ti chiama, ti canta: Madre Amabil d’Ossago sei tu”.

Il Simulacro miracoloso si trova in fondo alla navata, al centro del presbiterio, in posizione rialzata, quasi a volersi rendere ben visibile e accogliente per i pellegrini e i fedeli che arrivano al Santuario, giustamente considerato da ogni ossaghino come “la sua casa”.

La statua è un busto in pietra policroma, collocato nel centro di una nicchia illuminata da una luce soffusa, e raffigura una madre che tiene stretto a sè il suo bambino, in un atteggiamento di dolce tenerezza e di profondo amore: Mater Amabilis, appunto. Anche se uniti in un reciproco abbraccio, la Madre sembra voler offrire allo sguardo di tutti il Figlio, quasi a volerlo donare dicendo: “Eccolo, è vostro e voi siete miei”.

Infatti, quel figlio che tiene amorevolmente stretto a sè è il nostro Salvatore e l’atteggiamento è quello protettivo, tipico di una madre che voglia difendere la propria creatura da ogni insidia che possa causare del male a lui e in questo caso, a tutti noi.

E’ la Madre Amabile di tutti noi, la mediatrice perfetta che intercede incessantemente presso Gesù, affinché, esaudendo le nostre richieste, possa essere glorificato il Suo nome, come afferma54 il Concilio Vaticano II nella Costituzione Dogmatica “Lumen Gentium” al capitolo 1,6.

Se ci si sofferma un attimo sullo sguardo dei due personaggi, si può cogliere, in quello di Maria, una dolcissima tristezza, segno che la Madre sa, da sempre, che chi stringe a sè dovrà soffrire, arrivando al supremo sacrificio della propria vita per la redenzione di tutti. In questo sguardo si può leggere tutta la storia di Maria, dal suo primo “Si” fino all’accettazione, ai piedi della croce, di diventare Madre di tutta l’umanità.

MATER AMABILIS
MATER AMABILIS

Gli occhi di Gesù, nell’incontro con quelli dei pellegrini, sembrano essere velati dalla preoccupazione per un mondo che sta mettendo sempre più in disparte i valori veri, indirizzandosi, in una corsa senza speranza, verso l’effimero e l’inutile.

I pellegrini, però, hanno sicuramente la curiosità di conoscere l’intreccio delle vicende storiche, che hanno fatto sì che il simulacro giungesse fino alla Chiesa di Ossago, dalla quale, poi, dispensò guarigioni miracolose e tante grazie che continuano a verificarsi da quasi novant’anni.

Possiamo con certezza affermare che tutto abbia avuto inizio la sera del 26 ottobre 1569, nella cappella dell’Arcivescovado di Milano, dove tutte le sere, San Carlo Borromeo, allora trentunenne, si recava a pregare con i suoi familiari.

All’improvviso si udì uno sparo e da un archibugio partì una palla indirizzata alla schiena del Cardinale, che rimase miracolosamente illeso.

Durante le indagini, intese a risalire ai motivi del fatto delittuoso, si scoprì che i mandanti appartenevano all’ordine religioso degli Umiliati.

Ma chi erano gli Umiliati? Inizialmente erano dei buoni religiosi, devoti alla Madonna che onoravano come dei figli e che, nel 1198, dopo approvazione pontificia, pensarono di costruire, o forse solo restaurare, la Chiesa interna al Convento di Brera, intitolata alla nascita di Maria.

Storicamente non si conosce con certezza quale immagine della Vergine fosse presente in quella Chiesa al momento della sua consacrazione, ma c’è la certezza che nel 1400 il busto in pietra della Mater Amabilis con Bambino fosse lì venerato.

Perché tentare questo efferato delitto? Gli Umiliati, col passare degli anni, grazie alla loro attività nel campo dell’industria della lana, erano diventati immensamente ricchi e, si sa che la ricchezza porta alla cupidigia e alla decadenza morale.

San Carlo Borromeo, in maniera delicata ma molto risoluta, intervenne presso la congregazione affinché s’iniziasse immediatamente un percorso di penitenza e redenzione che potesse riportare l’ordine alla sua purezza originaria.

La risposta dei padri Umiliati non si fece attendere, ma anziché piegarsi alle richieste del Cardinale, si organizzarono per ideare il subdolo progetto di assassinarlo.

Dopo questi fatti fu condotta da Mons. Scarampo, Vescovo in Lodi, un’inchiesta che alla fine, dopo qualche difficoltà, riuscì ad assegnare un nome agli attentatori e, dopo avere istruito un processo religioso, Papa Pio V decise di sopprimere l’ordine degli Umiliati.


Il palazzo di Brera, con l’annessa Chiesa di Santa Maria, nel 1527, fu affidato alla congregazione della Compagnia del Gesù, fondata da Sant’Ignazio di Loyola, che godeva di grande stima agli occhi di San Carlo. In questo stabile i Padri fondarono una scuola che diventò subito famosa e annoverò tra le sue mura la presenza di personaggi illustri, uno su tutti fu San Luigi Gonzaga che trascorse quasi un anno, tra il 1584 e il 1585, in questo istituto, pregando più volte davanti alla statua della Mater Amabilis.

Il bene, la diffusione della cultura e la difesa strenua della fede cattolica, portate avanti con fervore dai padri Gesuiti, non erano ben accette dalle forze politiche di quel tempo che avevano come dottrina la violenza e il sovvertimento del potere, tanto che nel 1773, con l’editto “Dominus ac Redemptor”, Papa Clemente XIV decretò lo scioglimento quasi totale dell’Ordine.

I governi si appropriarono dei beni appartenuti alla Congregazione e fecero cadere la Chiesa di Santa Maria in Brera in uno stato di abbandono tale che, nel 1810, ne fu ordinato l’abbattimento per lasciare spazio al Palazzo per la scienza, le arti e le lettere e all’attuale Piazzetta di Brera.

Non tutti i Gesuiti, però, furono allontanati; infatti, ad Angelo Cesaris, un giovane Padre ventitreenne di origini lodigiane, nato a Casalpusterlengo, fu affidata la direzione dell’Osservatorio Astronomico di Brera, fondato anni prima, proprio dai seguaci di Sant’Ignazio di Loyola. Non potendo esercitare il ministero sacerdotale se non unito a un Vescovo, Padre Cesaris fece richiesta al Vescovo di Lodi di essere incardinato nella sua Diocesi, cosa che avvenne il 13 luglio 1775.

Venuto a conoscenza del progetto di abbattimento della Chiesa e preoccupato che quanto conservato in essa andasse perduto, provvide, di sua iniziativa, a prendere contatto nel 1811 con l’Arciprete di Ossago Giovanni Maria Bersani, offrendogli l’altare di marmo, “la bella immagine della Madonna, che fu tanto venerata in questa Chiesa di Brera” e la statua lignea del Salvatore morto.

MATER AMABILIS
MATER AMABILIS
IL SALVATORE MORTO
IL SALVATORE MORTO

L’abate Cesaris provvide, a sue spese, al restauro dell’altare e il Parroco di Ossago incaricò il Signor Gelmini per il trasferimento che avvenne il 16 agosto 1811.

Grati per il dono ricevuto, il Parroco e i fedeli pregarono Padre Cesaris di dettare un’epigrafe che riassumesse la storia dei doni ricevuti; in questo scritto è citato un fatto curioso che lega la Chiesa di Santa Maria in Brera a un'altra Chiesa milanese, distanti poche centinaia di metri. Nell’altare inviato a Ossago era stata custodita per numerosi anni la fascia nella quale era stato avvolto Gesù Bambino durante la fuga in Egitto. Dopo la sconsacrazione della Chiesa, avvenuta nel 1806, la teca contenente la reliquia fu trasferita nella Chiesa di San Marco, dove tuttora, dopo anni d’inagibilità, è visibile nella seconda cappella di destra.

L’altare e il simulacro, giunti a Ossago, furono collocati nella prima cappella, ora di Sant’Agostino e Santa Monica, e lì vi restarono fino al 1923.

Il Vescovo di Lodi Mons. Pietro Zanolini, nel 1920, nominò Parroco di Ossago un giovane sacerdote trentaduenne, don Ferdinando Maria Benzi, professore del Seminario Diocesano che, sebbene si sentisse ancora inesperto e non pronto per un compito così gravoso, accettò di buon grado senza neanche immaginare cosa gli sarebbe capitato di lì a pochi anni.

Nel frattempo la statua della Vergine, dopo oltre cent’anni dal suo trasferimento, versava in uno stato di conservazione pessimo, così, nel 1923, don Benzi decise che aveva bisogno di un urgente restauro e incaricò del lavoro un provetto decoratore di Milano, mentre la doratura delle corone fu affidata a un orafo lodigiano; le Suore Giuseppine di Lodi, invece, furono  incaricate di confezionare un nuovo manto.

Proprio in questo restauro la Divina Provvidenza stava tessendo un disegno che avrebbe segnato per sempre la storia del nostro paese.

Il restauratore milanese terminò il suo lavoro in anticipo sui tempi previsti, così che il mantello della Madonna non era ancora finito e il Parroco si trovò costretto a fare sostare il busto appena restaurato presso la famiglia Ferla, originaria di Ossago Lodigiano, che abitava a Lodi, in via San Martino al numero 2.

Di questa famiglia faceva parte la signora Enrichetta che era stata colpita, all’inizio del mese di aprile, da una forma particolarmente grave di flebite, che la faceva soffrire molto e la costringeva a letto.

Don Benzi, in visita alla malata, le consigliò, in un primo momento di pregare con fervore la Madonna e, in seguito, di portare il simulacro, che era stato posto in una stanzetta del pianterreno, nella propria camera, cosa che però non fu fatta, considerando questo un gesto irriverente nei confronti della Vergine. Intanto la flebite continuava ad aggravarsi: il gonfiore aveva interessato anche la pancia e la prognosi medica prevedeva, nella migliore delle ipotesi, un decorso lunghissimo che avrebbe potuto durare anche alcuni mesi. Il 20 aprile, don Benzi, ancora in visita alla signora Enrichetta, la esortò a continuare nelle preghiere, poiché le cure mediche non portavano ad alcun beneficio.

Nella notte tra il 20 e il 21 aprile, la signora, sotto l’effetto di un farmaco a base di papavero e aspirina, riuscì ad assopirsi e in sogno vide la mamma che entrava nella sua stanza e le diceva che sarebbe scesa a prendere la statua. Poco dopo, rientrando, fece il gesto di posare il Simulacro sull’arto dolorante e questo provocò un immediato, grande sollievo.

La signora si svegliò di soprassalto e subito si rese conto che era stato stato un sogno, ma con grande stupore si accorse che la gamba non era più tumefatta, il dolore era scomparso e l’arto poteva essere mosso con estrema facilità.

PRIMO MIRACOLO
PRIMO MIRACOLO

Chiamò immediatamente a gran voce i familiari che non poterono fare altro che costatare la scomparsa dei segni della malattia; il mattino dopo il medico, dottor Passerini, affermò che fatti del genere “avvengono solo a Lourdes, Pompei, Loreto e Caravaggio”.

Dalla mattina di quello stesso giorno la casa dei Ferla diventò un vero e proprio luogo di pellegrinaggio e di preghiera, infatti, dalla città e dai paesi vicini accorsero numerosi per venerare il busto della Mater Amabilis. 

Dopo otto giorni da questi fatti, essendo il tempo più clemente, si decise per il trasporto dell’effigie da Lodi a Ossago, cosa che avvenne tra due ali di folla che, pregando, formò una lunga processione.


Il Simulacro, per giungere a Ossago, doveva passare per San Martino in Strada e proprio qui avvenne il secondo fatto prodigioso.

In San Martino abitava una signora, Apollonia Cipolla, che da tre anni era affetta da una grave forma di artrite che andava diffondendosi rapidamente a tutti gli arti, causandole un’infermità tale che doveva essere assistita in ogni operazione.

Avendo saputo che l’immagine della Madonna sarebbe passata davanti a casa sua, si fece portare vicino a una finestra per poterla almeno vedere.

Non appena vide che il corteo era prossimo, con non poca fatica si sporse dalla finestra e girò il suo volto verso quello della Madonna, sentendosi guarita all’istante.

I familiari accorsero immediatamente e, dopo un attimo di stupore e incredulità, costatarono che la signora stava vestendosi da sola per uscire e unirsi al corteo.

Chiese al marito di essere portata a Ossago dove, davanti a tutta la folla, si dichiarò miracolata.

SECONDO MIRACOLO
SECONDO MIRACOLO

Il 20 giugno dello stesso anno, il sacerdote Giovanni Comizzoli e don Angelo Bramini, incaricati di appurare la veridicità dei fatti, affermarono che le due guarigioni erano veramente dei fatti straordinari, come confermato anche dai medici curanti.

In particolare affermarono che le guarigioni non potevano essere attribuibili a fenomeni di autosuggestione, giacché è impossibile che un fenomeno suggestivo possa far scomparire definitivamente deformazioni ossee e tumefazioni.

Infine arrivarono a conclusione che, anche se scientificamente i medici escludevano il miracolo, queste guarigioni dovevano essere considerate come tali.

Intanto la Vergine Maria, negli anni seguenti, continuava a compiere prodigi e almeno altre tre persone ottennero la guarigione nello stesso anno e un'altra in quello successivo.

Da quel fatidico mese di aprile del 1923 furono organizzati numerosi pellegrinaggi individuali e collettivi; le notizie di grazie ricevute e di guarigioni miracolose si moltiplicavano, conferendo alla Chiesa di Ossago la dignità di Santuario.

Il 27 giugno 1926, in occasione della conclusione del ritiro Diocesano per uomini cattolici, il Vescovo, Mons. Lodovico Antomelli, in un telegramma inviato a Sua Santità Pio XI, definiva la Chiesa di Ossago come Santuario.

Pur non essendoci nessun documento pontificio che attesti l’elevazione della nostra Chiesa a Santuario né atti che certifichino la cerimonia dell’incoronazione, da quel giorno, si è sempre chiamato “Santuario della Mater Amabilis”.

Appese alle pareti della cripta sottostante l’abside si possono vedere numerose testimonianze di fatti prodigiosi e di guarigioni, avvenute anche di recente, che la fede della gente attribuisce, senza alcun’ombra di dubbio, all’intercessione della Beata Vergine Mater Amabilis.

Dal 1923, tutti gli anni, nell’ultima domenica di aprile, s’iniziò a celebrare in forma solenne la giornata del ricordo dei fatti miracolosi e i fedeli del lodigiano e dei paesi vicini sono sempre accorsi numerosi pregando e implorando grazie.

Negli ultimi decenni la data della festa commemorativa della Mater Amabilis è stata fissata il giorno 25 aprile come “giornata dell’ammalato” ed è organizzata in collaborazione con L’Unitalsi Lodigiana. Nello stesso giorno, dal 1976, un gruppo di abitanti di Ossago, cui si unisce una coppia di giovani prossimi al matrimonio, esprime la propria devozione mariana partecipando a una fiaccolata che, partendo da un Santuario o da una Chiesa in cui si venera la Madonna giungono fino alla nostra Chiesa, in concomitanza dell’inizio della Santa Messa celebrata per tutti gli ammalati.

In occasione della preparazione per la  celebrazione dei novant’anni di elevazione della Chiesa a Santuario mariano, il Parroco don Alessandro Lanzani, a partire dal giorno 7 ottobre 2015, ha voluto che ogni primo mercoledì di ogni mese si celebrasse una Santa Messa per tutti gli ammalati.

CRIPTA CON EX-VOTO
CRIPTA CON EX-VOTO
SANTA MESSA DELL'AMMALATO
SANTA MESSA DELL'AMMALATO