SANTUARIO MATER AMABILIS

OSSAGO LODIGIANO

NEWS DAL SANTUARIO

PREGHIAMO

                          Festa del Santuario

TRIDUO di PREPARAZIONE (ore 20,45) :

-          LUNEDI’ 22 aprile: Preghiera del S.ROSARIO

e Supplica alla Mater Amabilis

-          MARTEDI’ 23 aprile: Preghiera VIA MATRIS

e Supplica alla Mater Amabilis   

-          MERCOLEDÌ 24 aprile: ADORAZIONE EUCARISTICA e Supplica alla Mater Amabilis  

 

 

GIOVEDÌ 25 FESTA del SANTUARIO

 

Ss. MESSE:

v  ore 8,00

v  ore 10,30 (con la presenza dell’Amministrazione Comunale)

v  Ore 15,00 S.Messa solenne per gli ammalati, presieduta da S.E. Mons. MAURIZIO MALVESTITI, vescovo di LODI

v  ore 18,00

 

 

v  ore 20,45: Canto del Vespro e Processione (via Moro,via Lodi,via F.lli Cervi,via Ceresa, via XXV Aprile,via Roma,P.zza della Chiesa).

Presiede Mons. Pierluigi Bolzoni parroco di Lodivecchio                                                           Accompagnerà la Filarmonica di Castiglione d’Adda


Settimana Santa

“ Vivremo il Giovedì, il Venerdì e il Sabato santo come momenti forti che ci permettono di entrare sempre più nel grande mistero della nostra fede: la Risurrezione del nostro Signore Gesù Cristo…         Il Triduo Pasquale è memoriale di un dramma d’amore che ci dona la certezza che non saremo mai abbandonati nelle prove della vita.” (papa Francesco)

 

§  Giovedì Santo: Memoriale dell’Eucaristia

 

-          S.Missa in Coena Domini ore 20,45             (a seguire Adorazione all’Altare della Reposizione fino alle 22,30)

 

§  Venerdì santo: Passione del Signore

 

-         Azione Liturgica ore 15,00

-         Via Crucis: ritrovo in via Gramsci alle ore 20,45

(Itinerario:  via S. D’Acquisto – via 1° Maggio – via Roma –P.za della Chiesa)

 

§  Sabato Santo

 

-         Veglia ore 21,00

 

§  Domenica di Risurrezione

 

-         S.Messa ore 10,30

-         S.Messa ore 18,00

 

§  Lunedì dell’Angelo

 

-         S.Messa ore 10,30

 

 

***

 

La Messa festiva delle ore 8,00 riprenderà il 25 Aprile festa del Santuario

RIPARTIRE DA EMMAUS

«Quella sera del gran giorno di Pasqua, anche Emmaus ebbe un sussulto di risurrezione. Allo spezzare del pane, Cristo rivelò la novità più strepitosa della storia: lui è il Risorto per sempre, l’eterno Presente. Con lui è sempre giorno, e la notte non fa più paura. I due discepoli ne ritornarono in fretta a Gerusalemme per annunciare la gioia di quell’indelebile incontro. E chi di noi, Signore, non ha mai gioito almeno una volta, all’incontro con te, Risorto? Non è forse per questo quotidiano scambio tra la nostra pochezza e la potenza del mistero divino che siamo qui a volere un mondo più giusto, a sentirci più fratelli, a dire a tutti: solo lui, Cristo risorto, è il Pane vivo da spezzare, l’Oggi che non tramonta?                                                                                                                                     Eppure dopo duemila anni questa nostra umanità sem­bra che tuttora cammini come i due discepoli, verso Em­maus, lontano dalla Croce di salvezza, dalla Speranza di vita.                                                 L’uomo se ne va muto e stanco, deluso e sordo: tutto appare stantio e logoro, come nebbia im­penetrabile. Anche le comunità dei credenti sono lì, stan­che e deluse per mille smacchi e paiono talora come impotenti all’insorgere tenace di idoli antichi, pronti a ripresentarsi sotto mille vesti d’oro.                                                                                                                                                               Che cosa si può fare, Signore? Come arrestare lo spi­rito del male? Come salvare l’umanità? Ecco, Cristo mi dice anche oggi, questa sera: Ho bi­sogno di te. Ho bisogno che tu mi ascolti, in tutta sincerità, con fede grande. Sono io il Salvatore, e tu mi devi credere. Devi avere fiducia nella mia potenza d’amore per questa umanità che io ho creato e che io voglio redi­mere. Chiedo però il tuo aiuto, la tua partecipazione; ho bisogno di te, delle tue braccia, del tuo cuore, della tua mente. Ma devi essere umile: più sarai disponibile al mio infinito amore, e più sarai potente nel salvare, con me, tutto il creato. Cristo vuole la mia parte, e Cristo vuole la tua, carissimo fratello e sorella nella fede.

Ritorniamo a Gerusalemme. Ripartiamo da Emmaus. Evasioni e stanchezze ci hanno allontanato, e rinchiuso nella nostra casa di Emmaus: nel piccolo mondo di apo­stolato su misura delle nostre innate paure. Dobbiamo partire, per incontrare i fratelli, vicini o sconosciuti, ancora fedeli o già in fuga, e testimoniare loro che Cristo è vivo, è qui nella nostra fede e nella gioia di vivere in libertà di spirito, nel nostro totale abbandono alla Grazia divina, nell’assoluta povertà dei mezzi umani. Coraggio, andiamo! Il giorno già declina, ma Cristo illuminerà il nostro passo».

 

(Card. Carlo Maria Martini)

« La Quaresima è il tempo di grazia in cui il deserto torna a essere  il luogo del primo amore (cfr Os 2,16-17). Dio, come uno sposo ci attira nuovamente a sé e sussurra parole d’amore al nostro cuore. »(Messaggio per la Quaresima,papa Francesco) 

                                                      Buon Cammino                                     

MESSAGGIO PER LA QUARESIMA 2024

Attraverso il deserto Dio ci guida alla libertà

 

Quando il nostro Dio si rivela, comunica libertà: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile» (Es 20,2). Così si apre il Decalogo dato a Mosè sul monte Sinai. Il popolo sa bene di quale esodo Dio parli: l’esperienza della schiavitù è ancora impressa nella sua carne. Riceve le dieci parole nel deserto come via di libertà. Noi li chiamiamo “comandamenti”, accentuando la forza d’amore con cui Dio educa il suo popolo. È infatti una chiamata vigorosa, quella alla libertà. Non si esaurisce in un singolo evento, perché matura in un cammino. Come Israele nel deserto ha ancora l’Egitto dentro di sé – infatti spesso rimpiange il passato e mormora contro il cielo e contro Mosè –, così anche oggi il popolo di Dio porta in sé dei legami oppressivi che deve scegliere di abbandonare. Ce ne accorgiamo quando ci manca la speranza e vaghiamo nella vita come in una landa desolata, senza una terra promessa verso cui tendere insieme. La Quaresima è il tempo di grazia in cui il deserto torna a essere – come annuncia il profeta Osea – il luogo del primo amore (cfr Os 2,16-17). Dio educa il suo popolo, perché esca dalle sue schiavitù e sperimenti il passaggio dalla morte alla vita. Come uno sposo ci attira nuovamente a sé e sussurra parole d’amore al nostro cuore.

L’esodo dalla schiavitù alla libertà non è un cammino astratto. Affinché concreta sia anche la nostra Quaresima, il primo passo è voler vedere la realtà. Quando nel roveto ardente il Signore attirò Mosè e gli parlò, subito si rivelò come un Dio che vede e soprattutto ascolta: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele» (Es 3,7-8). Anche oggi il grido di tanti fratelli e sorelle oppressi arriva al cielo. Chiediamoci: arriva anche a noi? Ci scuote? Ci commuove? Molti fattori ci allontanano gli uni dagli altri, negando la fraternità che originariamente ci lega.

Nel mio viaggio a Lampedusa, alla globalizzazione dell’indifferenza ho opposto due domande, che si fanno sempre più attuali: «Dove sei?» (Gen 3,9) e «Dov’è tuo fratello?» (Gen 4,9). Il cammino quaresimale sarà concreto se, riascoltandole, confesseremo che ancora oggi siamo sotto il dominio del Faraone. È un dominio che ci rende esausti e insensibili. È un modello di crescita che ci divide e ci ruba il futuro. La terra, l’aria e l’acqua ne sono inquinate, ma anche le anime ne vengono contaminate. Infatti, sebbene col battesimo la nostra liberazione sia iniziata, rimane in noi una inspiegabile nostalgia della schiavitù. È come un’attrazione verso la sicurezza delle cose già viste, a discapito della libertà.

Vorrei indicarvi, nel racconto dell’Esodo, un particolare di non poco conto: è Dio a vedere, a commuoversi e a liberare, non è Israele a chiederlo. Il Faraone, infatti, spegne anche i sogni, ruba il cielo, fa sembrare immodificabile un mondo in cui la dignità è calpestata e i legami autentici sono negati. Riesce, cioè, a legare a sé. Chiediamoci: desidero un mondo nuovo? Sono disposto a uscire dai compromessi col vecchio? La testimonianza di molti fratelli vescovi e di un gran numero di operatori di pace e di giustizia mi convince sempre più che a dover essere denunciato è un deficit di speranza. Si tratta di un impedimento a sognare, di un grido muto che giunge fino al cielo e commuove il cuore di Dio. Somiglia a quella nostalgia della schiavitù che paralizza Israele nel deserto, impedendogli di avanzare. L’esodo può interrompersi: non si spiegherebbe altrimenti come mai un’umanità giunta alla soglia della fraternità universale e a livelli di sviluppo scientifico, tecnico, culturale, giuridico in grado di garantire a tutti la dignità brancoli nel buio delle diseguaglianze e dei conflitti.

Dio non si è stancato di noi. Accogliamo la Quaresima come il tempo forte in cui la sua Parola ci viene nuovamente rivolta: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile» (Es 20,2). È tempo di conversione, tempo di libertà. Gesù stesso, come ricordiamo ogni anno la prima domenica di Quaresima, è stato spinto dallo Spirito nel deserto per essere provato nella libertà. Per quaranta giorni Egli sarà davanti a noi e con noi: è il Figlio incarnato. A differenza del Faraone, Dio non vuole sudditi, ma figli. Il deserto è lo spazio in cui la nostra libertà può maturare in una personale decisione di non ricadere schiava. Nella Quaresima troviamo nuovi criteri di giudizio e una comunità con cui inoltrarci su una strada mai percorsa.

Questo comporta una lotta: ce lo raccontano chiaramente il libro dell’Esodo e le tentazioni di Gesù nel deserto. Alla voce di Dio, che dice: «Tu sei il Figlio mio, l’amato» (Mc 1,11) e «Non avrai altri dèi di fronte a me» (Es 20,3), si oppongono infatti le menzogne del nemico. Più temibili del Faraone sono gli idoli: potremmo considerarli come la sua voce in noi. Potere tutto, essere riconosciuti da tutti, avere la meglio su tutti: ogni essere umano avverte la seduzione di questa menzogna dentro di sé. È una vecchia strada. Possiamo attaccarci così al denaro, a certi progetti, idee, obiettivi, alla nostra posizione, a una tradizione, persino ad alcune persone. Invece di muoverci, ci paralizzeranno. Invece di farci incontrare, ci contrapporranno. Esiste però una nuova umanità, il popolo dei piccoli e degli umili che non hanno ceduto al fascino della menzogna. Mentre gli idoli rendono muti, ciechi, sordi, immobili quelli che li servono (cfr Sal 114,4), i poveri di spirito sono subito aperti e pronti: una silenziosa forza di bene che cura e sostiene il mondo.

È tempo di agire, e in Quaresima agire è anche fermarsi. Fermarsi in preghiera, per accogliere la Parola di Dio, e fermarsi come il Samaritano, in presenza del fratello ferito. L’amore di Dio e del prossimo è un unico amore. Non avere altri dèi è fermarsi alla presenza di Dio, presso la carne del prossimo. Per questo preghiera, elemosina e digiuno non sono tre esercizi indipendenti, ma un unico movimento di apertura, di svuotamento: fuori gli idoli che ci appesantiscono, via gli attaccamenti che ci imprigionano. Allora il cuore atrofizzato e isolato si risveglierà. Rallentare e sostare, dunque. La dimensione contemplativa della vita, che la Quaresima ci farà così ritrovare, mobiliterà nuove energie. Alla presenza di Dio diventiamo sorelle e fratelli, sentiamo gli altri con intensità nuova: invece di minacce e di nemici troviamo compagne e compagni di viaggio. È questo il sogno di Dio, la terra promessa verso cui tendiamo, quando usciamo dalla schiavitù.

La forma sinodale della Chiesa, che in questi anni stiamo riscoprendo e coltivando, suggerisce che la Quaresima sia anche tempo di decisioni comunitarie, di piccole e grandi scelte controcorrente, capaci di modificare la quotidianità delle persone e la vita di un quartiere: le abitudini negli acquisti, la cura del creato, l’inclusione di chi non è visto o è disprezzato. Invito ogni comunità cristiana a fare questo: offrire ai propri fedeli momenti in cui ripensare gli stili di vita; darsi il tempo per verificare la propria presenza nel territorio e il contributo a renderlo migliore. Guai se la penitenza cristiana fosse come quella che rattristava Gesù. Egli dice anche a noi: «Non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano» (Mt 6,16). Si veda piuttosto la gioia sui volti, si senta il profumo della libertà, si sprigioni quell’amore che fa nuove tutte le cose, cominciando dalle più piccole e vicine. In ogni comunità cristiana questo può avvenire.

Nella misura in cui questa Quaresima sarà di conversione, allora, l’umanità smarrita avvertirà un sussulto di creatività: il balenare di una nuova speranza. Vorrei dirvi, come ai giovani che ho incontrato a Lisbona la scorsa estate: «Cercate e rischiate, cercate e rischiate. In questo frangente storico le sfide sono enormi, gemiti dolorosi. Stiamo vedendo una terza guerra mondiale a pezzi. Ma abbracciamo il rischio di pensare che non siamo in un’agonia, bensì in un parto; non alla fine, ma all’inizio di un grande spettacolo. Ci vuole coraggio per pensare questo» ( Discorso agli universitari, 3 agosto 2023). È il coraggio della conversione, dell’uscita dalla schiavitù. La fede e la carità tengono per mano questa bambina speranza. Le insegnano a camminare e, nello stesso tempo, lei le tira in avanti. [1]

Benedico tutti voi e il vostro cammino quaresimale.

 

(papa Francesco)

Tempo di Quaresima

 

ØMercoledì 14 febbraio: LE CENERI

 

-         Ore 15,30: S.Rosario

-         Ore 16,00: S.Messa con Imposizione delle Ceneri

-         Ore 21,00: Adorazione Eucaristica-Catechesi-Imposizione delle Ceneri

 

ØLectio Divina sui Vangeli della Domenica (ore 21 in Oratorio)

-         Martedì 20 febbraio

-         Giovedì 29 febbraio

-         Martedì  5 marzo

-         Martedì 12 marzo

-         Giovedì 21 marzo

 

ØOgni VENERDI’ (a partire dal 23 febbraio)

-         Ore 15,30: VIA CRUCIS

-         Ore 16,00: S.Messa

 

ØMartedì 19 marzo, San Giuseppe

-         Ore 15,30: S.Rosario

 

-         Ore 16,00: S.Messa

XXXII Giornata Mondiale del Malato

 

MERCOLEDI' 7 febbraio, presso il Santuario MATER AMABILIS di Ossago Lodigiano, nel consueto appuntamento mensile di PREGHIERA PER I MALATI, celebreremo la festa della Madonna di Lourdes e la XXXII Giornata Mondiale del Malato.

-ore 15,30 S. Rosario

- ore 16,00 S.Messa e,a seguire, benedizione eucaristica

 

Sarà amministrato il Sacramento dell'Unzione degli infermi, a quanti "sono afflitti da malattia, infermità, vecchiaia o si accingono a subire un intervento chirurgico", affinchè, di fronte al mistero del dolore, ricevano quella "grazia speciale di Dio per non vacillare nella fede", e unire le proprie sofferenze a quelle del Signore Gesù per la salvezza del mondo.

Presentazione del Signore al Tempio   (2 febbraio)

Tanti sono i modi attraverso i quali Dio ci viene incontro, ma non è scontato che ci si accorga. Quel giorno, al tempio, mentre veniva presentato al sacerdote per adempiere quanto prescritto dalla Legge del Signore, quel bambino non aveva nulla di straordinario che potesse additarlo come il Signore da sempre atteso. Pur essendo Dio, si sottoponeva anch’egli a quella legge secondo la quale il primogenito dovesse essere riscattato. Nessun privilegio nel suo venire alla luce e nessun privilegio nel suo misurarsi con la vita…

Un Dio velato, nascosto: sarà la caratteristica del suo modo di venire incontro. Mai segni esibiti dell’evidenza perché nessuno si senta costretto a doverlo accogliere, sempre segni umili che richiedono tutta la fatica e la tenacia della fede. Il segno, infatti, è sempre passibile di letture personali... Si può essere a un palmo da Dio e non accorgersene: accadrà a tanti, come riporterà il seguito del Vangelo, accade a noi non poche volte. Può accadere di essere distratti proprio su ciò che più meriterebbe la nostra attenzione. E non basta neppure aver fatto una scelta di vita particolare – come il sacerdote al tempio in quella circostanza – per essere in grado di non mancare il senso di un’intera esistenza. Era convinto che Dio lo si potesse incontrare solo attraverso l’adempimento formale di un cerimoniale e non credere, invece che l’umiltà è la veste propria di Dio.

C’è un velo da togliere da ogni cosa per scorgere che egli è più presente di quanto immaginiamo. A togliere questo velo, strano a dirsi, sono due piuttosto avanti negli anni, due navigati, diremmo noi, eppure mai rassegnati, ancora desiderosi di conoscere in che modo Dio li avrebbe visitati.

Simeone e Anna, due la cui vita ha una caratteristica che gli ha permesso di non mancare all’appuntamento decisivo, l’attenzione. Simeone e Anna ricordano a tutti noi che la vita è fatta per qualcosa di più grande rispetto a quello che abitualmente ci affascina o ci inquieta. Nel fondo del nostro cuore c’è un’attesa che nulla e nessuno potrà mai soddisfare pienamente se non l’Unico che può colmarla, il Signore. Tutto è traccia di lui: a noi il compito di comporre continuamente le tessere di quel mosaico che è la nostra esistenza.

 

Quel giorno, dopo tanta attesa, Simeone scorse che quel Bambino era il motivo per cui era valso stare al mondo. Ora poteva anche morire: aveva raggiunto e scoperto il senso del suo vivere. Davvero, vivere e morire si equivalgono allorquando hai la gioia di poter riconoscere che Dio ha lambito la tua vicenda umana. L’incontro con lui riscatta pagine che altrimenti resterebbero insensate. Tutto ritrova il suo posto quando è illuminato dalla luce della presenza del Signore. C’è una salvezza preparata da sempre per ciascuno di noi: a noi il compito di riconoscerla e accoglierla come quel giorno i santi vegliardi Simeone e Anna.

Celebrazione del 2 febbraio:

- ore 15,30 S.Rosario

- ore 16,00 S.Messa

Un altro Avvento

 

Letto dal nostro versante, l’Avvento, è il tempo di attesa di un Dio-bambino, è il tempo che ci prepara al Natale, appunto: esso risulta essere il tempo che ancora una volta  offriamo a Dio perché si faccia conoscere a noi, perché non deluda i nostri desideri più sinceri. Abbiamo dimenticato, però, che prima ancora che tempo nostro, esso è tempo da Dio offerto a noi perché possiamo riconoscere le forme del suo apparire. Anche Dio ha il suo Avvento, vive la sua attesa.
La chiave di comprensione dell’Avvento è tutta in quella espressione tanto riassuntiva quanto drammatica che Matteo pone sulle labbra di Gesù nel rileggere il clima dei giorni di Noè: “non si accorsero di nulla”. All’uomo che crede di essere ingannato da Dio per via del ritardo con cui egli porta a compimento le sue promesse, Dio rinfaccia la sua distrazione, il suo essere preso da altro, il suo non farsi trovare agli appuntamenti fissati,  intenti non già a compiere il male ma a non vivere il presente con consapevolezza e lucidità…                             Ogni istante è davvero unico.
Tutti conosciamo l’esito, talvolta nefasto, dell’essersi distratti... E per distrarsi ci vuol davvero poco: basta poco per non accorgersi di qualcuno che ha incrociato i nostri passi, di qualcuno che ha mendicato il nostro sguardo, di qualcuno che ha chiesto una nostra attenzione, una parola, un gesto. Basta poco per farsi sfuggire l’occasione di una vita. Dio non costringe mai all’evidenza: ama nascondersi perché la tua libertà si manifesti, sembra distante perché il tuo cuore non dia nulla per scontato, si presenta sempre in modo diverso perché conosce il rischio del “già noto”.
Chi si accorse del passaggio stesso di Dio nel grembo di Maria?
Chi si accorse del fatto che Dio scelse di abitare per trent’anni nel nascondimento e nel silenzio di uno sperduto villaggio di Galilea?                                                                Chi si accorse che Dio era in quell’uomo che pendeva sul legno della maledizione?
Era lì ad un palmo da loro ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo: c’era sempre qualcosa che li distraeva dal qui e ora della loro storia.
Per questo torna l’Avvento: Dio ci offre un’opportunità perché ci accorgiamo del suo passaggio. Non temere: egli giunge sempre quando tutto ciò che ti aveva sedotto ha perso il suo fascino perché ha rivelato la sua inconsistenza. Egli indugia, attende il momento opportuno per far breccia nelle nostre vite distratte.

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